Che l’influencer marketing sia una vecchia modalità non è una novità: risale agli anni ’40 del Novecento infatti la convinzione che la maggior parte delle persone venga influenzata da opinion leader. Il Multistep Flow Model di Lazarsfeld e Katz dimostrava che il flusso di informazioni, prima di raggiungere i destinatari finali, veniva veicolato all’interno di specifici gruppi sociali da individui sensibili e influenti verso certe informazioni. Insomma i due sociologi avevano appurato l’esistenza di quelli che oggi vengono chiamati blogger o influencer e che alimentano business di cui le aziende non possono più fare a meno. Ma la novità qual’è? Secondo un recente trend, per essere “autorevoli” sui social, non è necessario essere seguiti assiduamente da una massa consistente di utenti: sembra infatti che all’aumentare dei follower diminuisca l’engagement rate cioè il coinvolgimento con il pubblico. Allontanarsi dai top influencer per investire sui micro presenta quindi notevoli vantaggi: il loro background artistico qualitativo permette di sviluppare partnership tangibili e i brand riescono a colpire una fascia di mercato altamente targettizzata, permettendo così ai micro*influencer di costruire un rapporto più stretto e autentico con la sua community, rispetto a quello instaurato dalle grandi celebrità. E così un nuovo marketing premia le capacità artistiche e i contenuti di qualità, allontanandosi dai modelli del passato per privilegiare una comunicazione e un rapporto più intimo con l’utente finale. ivstile #unaformadigentilezza